Fin dalla sua scoperta, avvenuta nel 1938 e ancor più a seguito delle successive campagne di scavo condotte dall’Istituto Italiano di Paleontologia Umana (A.C. e G.A. Blanc, L. Cardini), il Riparo Mochi, così denominato in onore dello studioso, allora da poco scomparso, che aveva rivestito un ruolo di fondamentale importanza nello sviluppo delle ricerche sul Pleistocene in Italia, è stato individuato come sequenza stratigrafica di riferimento per il Paleolitico medio e superiore dei Balzi Rossi.
In particolare, lo studio delle industrie litiche dei livelli del Paleolitico superiore, eseguito da Laplace applicando il metodo di classificazione da lui stesso ideato, ha fornito una sequenza tipologica che rimane ancor oggi “uno dei più importanti capisaldi del nostro Paleolitico superiore”, riconosciuto anche a livello internazionale.
Nonostante la straordinaria importanza del sito, la nostra conoscenza sulle principali caratteristiche paleoambientali e comportamentali dei gruppi umani che hanno frequentato il riparo rimane ancora molto limitata, soprattutto a causa dell’incompletezza degli studi finora eseguiti in seguito alle vecchie campagne di scavo e, conseguentemente, delle relative pubblicazioni, limitate sostanzialmente alla tipologia delle industrie litiche.
Infatti la suddivisione tipologica delle industrie litiche del Riparo Mochi, utile per effettuare correlazioni dettagliate ma anche di più ampio respiro con altri giacimenti, ha da tempo evidenziato i suoi limiti interpretativi, limiti del resto già noti allo stesso Aldobrandino Mochi, che ne suggeriva un uso non disgiunto dai dati paleoecologici.
Proprio per colmare queste lacune, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria, in accordo con l’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, ha promosso tra il 1995 e il 2005 la ripresa delle attività di ricerca al Riparo Mochi, che si sono concretizzate sia nella revisione della documentazione e dei reperti delle vecchie campagne di scavo secondo approcci più aggiornati, grazie al coordinamento scientifico di A. Bietti, sia nella ripresa degli scavi, che hanno interessato dapprima la rifilatura della sezione est (strati del Paleolitico superiore) e poi l’esplorazione della porzione immediatamente sottostante dei livelli (strato I dei vecchi scavi) relativi al Musteriano finale. Purtroppo, la prematura scomparsa di Amilcare Bietti, avvenuta nell’estate 2006, ha lasciato incompiuti gli studi interdisciplinari da lui impostati, che hanno tuttavia consentito la pubblicazione preliminare di nuovi importanti dati.
Dopo un’interruzione di un anno, la Soprintendenza ha ritenuto opportuno riprendere l’attività, al fine di non disperdere le esperienze accumulate nel corso di un decennio e di dare compimento alle ricerche rimaste in fieri, facendosi carico di promuoverne anche la pubblicazione. Tale delicato e complesso compito è stato assunto da Stefano Grimaldi, ex studente di A.Bietti e ora ricercatore presso l’Università degli studi di Trento nonché membro dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana.